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No alle inutili baruffe con Confedilizia


Pubblicazione: Lettera aperta:


Comunicati Confappi-Fna
Comunicati Confappi-Fna
L'ultima occasione è stato un articoletto sul suo mensile di maggio, intitolato "Ah, quelle "piccole"! Pur di uno spazio sui giornali…". Ma, non è che uno degli ormai numerosi casi in cui , Confedilizia, con punture di spillo o con interventi più violenti, diretti o indiretti sulla stampa nazionale, combatte una battaglia contro la presenza di Confappi sui mass media .

Fino ad ora, e finché ci sarà possibile, eviteremo di entrare in una polemica che dura da mesi e che ci pare di retroguardia, probabilmente perché parte della solita "campagna acquisti" che crediamo interessi ben poco al comune cittadino, proprietario o no di immobili. Siamo aperti ad ogni critica costruttiva, ma purtroppo i toni utilizzati nei nostri confronti non sembrano tali e l'interesse di questa organizzazione al dialogo ci pare scarsa.

Proprio per questo rispondiamo sul nostro sito e su "Il piccolo Proprietario" e solo a un articolo di "Confedilizia notizie": ci interessa infatti più una riflessione sul rapporto tra noi e Confedilizia, che controbattere a polemiche immediate.

Confedilizia è senza dubbio l'organizzazione storica dei proprietari immobiliari. Nata ormai da un secolo o più (non ricordiamo con esattezza) ha percorso nel bene e nel male un pezzo di storia d'Italia, dai governi liberali, al fascismo, al dopoguerra. Negli anni più recenti, la sua dirigenza ha avuto tra l'altro il merito di infondere ai suoi associati un nuovo orgoglioso senso di appartenenza. Ma se l'orgoglio degenera in intolleranza, i pericoli sono dietro l'angolo. Ci pare quasi (e speriamo sinceramente di sbagliarci) che Confedilizia abbia ritirato fuori dal cassetto della sua storia un certo spirito corporativista da Ventennio, con il quale guarda con disprezzo misto a e insofferenza tutto ciò che è diverso da lei, con il malcelato obiettivo di avere "l'esclusiva" nel campo della proprietà immobiliare.

Confedilizia fonda questa pretesa non molto democratica sul fatto che sarebbe di gran lunga l'organizzazione più rappresentativa della proprietà edilizia e quindi su un dato "quantitativo". Di conseguenza spreca molto fiato per prendersela con quelli che definisce, appunto, "i piccoli" con un'insistenza che ci sembra sintomo più di insicurezza che di forza.

Premettiamo subito che non abbiamo idea se davvero Confedilizia possa con ragione sostenere questa tesi di predominio. E, francamente, la cosa ci interessa poco.

Passiamo a Confappi: si tratta di un'organizzazione relativamente giovane, che quest'anno festeggia il suo decennale dalla nascita. In questo periodo è senz'altro cresciuta impetuosamente nel numero di associati e nella propria espansione geografica: un trend che crediamo che continuerà. Tuttavia, per quel che riguarda il concetto di "rappresentatività", senza abbandonare il criterio "quantativo", Confappi preferisce riferirsi a uno di stampo "qualitativo". Si tratta, insomma, di far propri i concetti espressi dal Cnel, che si preoccupano ben di più della qualità dei servizi offerti al consumatore piuttosto che della quantità di aderenti a un'associazione. Si tratta poi di avere il coraggio di dire che, nel settore dei servizi, non è più tempo di stabilire nuovi ordini professionali o corporazioni: la concorrenza è necessaria e chi offrirà maggiore livello qualitativo prima o poi raccoglierà i frutti anche in termini di quantità di iscritti.

In questo senso, si può affermare che la riforma degli affitti, nonostante i suoi indubbi meriti, rischia di essere un passo indietro. Ricordiamo che la stessa Confedilizia, ai tempi del progetto Di Pietro, se ne era accorta, e insieme a Confappi aveva denunciato il pericolo che le associazioni dei proprietari venissero intese come sindacati coinvolti in una trattativa nazionale, perdendo la loro identità, per assumerne un'altra, forse più comoda, ma snaturante, di rappresentati ufficiali della proprietà edilizia. Anzi, con garbo e ironia, su Confedilizia notizie erano perfino comparse citazioni da Engels, in cui si negava ai proprietari di casa il fatto di essere "una classe sociale".

Poi Confedilizia ha cambiato parere, probabilmente abbacinata dal vantaggio di divenire un interlocutore imposto per legge. Confappi no. Per la nostra organizzazione resta valido il principio del riconoscimento di qualità di un'organizzazione, ma non quello dell'imposizione di una funzione pubblicistica vincolante.

Anche la presenza sulla stampa di Confappi, che tanto infastidisce Confedilizia, è sostanzialmente inspirata al criterio della qualità: non a caso più che nelle polemiche di cortile Confappi è presente con studi, analisi, valutazioni sulla legislazione e sulla giurisprudenza. Il varo della banca dati Internet fa parte dello stesso disegno: lo sottolineiamo senza timore di smentite, è di gran lunga la più ricca di norme, giurisprudenza, formulari e studi sul mondo immobiliare esistente in Italia. Che tutto ciò sia definito come "smania di comparire", ci pare riduttivo: anche la presenza sui mass media fa pare dei nostri scopi istituzionali. Spiace però che la critica provenga da Confedilizia, il cui presenzialismo, non appena ci sia una minima occasione, è spinto al massimo. Cosa che noi, del resto, non ci sogniamo di criticare.

Confedilizia è senz'altro un'organizzazione con tanti meriti, storici e anche recenti. Non a caso in più di un'occasione abbiamo lavorato insieme. Ci sono, naturalmente, delle cose che ci dividono. Una di queste, importante, è la filosofia di fondo. Con toni vagamente khomenisti, Confedilizia si getta puntualmente a difesa dei proprietari, soprattutto dal punto di vista della continua oppressione fiscale e degli adempimenti burocratici. Salvo, poi, giungere a compromessi quando è in ballo una trattativa o quando ci si confronta con una norma, che non sempre è possibile cambiare. Confappi preferisce un atteggiamento che vogliamo più meditato ed equilibrato.

Prendiamo, appunto, per esempio il decreto di revisione del Dpr sugli impianti termici, oggetto del corsivo di Confedilizia notizie. In questo caso ci troviamo di fronte a un decreto, varato nel 1992 e successivamente modificato, che è un po' il paradigma di tante leggi italiane. Si insegue l'assoluto, e cioè una serie di prescrizioni tecniche sul risparmio e sulla sicurezza energetica estremamente rigide e di costosissima applicazione, molto più draconiane di quelle presenti altrove in Europa. E, dato che non ci si fida degli italiani, si impongono una serie di controlli comunali e di adempimenti burocratici pesanti (dai vari libretti di impianto e caldaia alle relazioni compilate da tecnici) che il nuovo Dpr 551/99 non ha fatto che incrementare ed appesantire. Dice un detto famoso: "non lasciate fare le guerre ai generali". Si potrebbe parafrasare così: "Non lasciate fare le prescrizioni sugli impianti solo ai tecnici". Perché altrimenti si arriva alla stupidità assoluta di un decreto sul risparmio energetico che impone, in certi casi, una finestra senza vetri di quasi mezzo metro quadrato per poter ospitare in casa una comune caldaia.

Poi, naturalmente, la fantasia si scontra con la realtà. I controlli non si fanno, salvo qualche sporadico caso. Molti impianti termici restano pericolosi (ancor prima che a scarso risparmio energetico). In compenso ogni singolo proprietario, se "beccato", si trova sul capo una spada di Damocle: anche se l'impianto di riscaldamento è ragionevolmente sicuro e "risparmioso" sarà sempre in torto, perché non raggiunge i criteri di perfezione previsti o perché ha tralasciato qualche modulo.

Non denunciare questa situazione ci è sembrato miope: ma ecco che Confedilizia interviene con il suo articoletto, ribadendo in sostanza, anche se con un'espressione in latino, il detto del regista Nanni Moretti: "non facciamoci del male". Se i controlli non ci sono, perché infatti protestare? Ma che organizzazione della proprietà siete? Lasciate perdere…

Ci spiace, "non possumus", per usare anche noi un po' di latinorum. Non possiamo infatti dimenticare che un impianto malmesso fa perdere vite umane. Crediamo anche che un discreto investimento nel risparmio energetico possa, appunto, far risparmiare. Ci sembra errato il criterio "a chi tocca, tocca", secondo cui i pochi che vengono beccati, debbano pagare per tutti. La soluzione non sta nel nascondere la testa sotto la sabbia, e sperare che il pericolo "controllo" non ci tocchi. Sta nel lottare perché vengano varare norme più ragionevoli e applicabili che, senza dissanguare i proprietari con onorari di tecnici e imprese impiantistiche, permettano di modernizzare gli impianti. A vantaggio dei proprietari, non degli onorari dei tecnici.

La stessa diversità di vedute ci divide da Confedilizia per quel che riguarda il cosiddetto "fascicolo del fabbricato". Il pericolo che, così come concepito, si trasformi di un adempimento burocratico, costoso e privo di qualsiasi utilità, ci sembra in effetti maledettamente reale: in questo siamo d'accordo con Confedilizia. Tuttavia non bisogna buttare via il bambino con l'acqua calda. Ci sembra per esempio ragionevole che il fascicolo del fabbricato nasca insieme a uno stabile (o a un impianto) completamente nuovo, così come nessuno può obiettare contro un elettrodomestico fornito di libretto di istruzioni. E'abbastanza evidente che oltre alla sicurezza si garantirà anche il risparmio, riuscendo ad identificare con più facilità i "guasti" e ponendovi facilmente ed efficacemente rimedio.

Certi, a differenza di altri, di non avere il monopolio della verità (ma nemmeno quello degli errori), non ci resta che sperare un rapporto più civile con Confedilizia, a cui facciamo i nostri migliori auguri.